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I piccoli fuochi

di Ben Pastor i-piccoli-fuochi

Martin Bora, giovane capitano del controspionaggio militare e protagonista fisso dei thriller bellici di Ben Pastor, arriva nella Ville Lumière per svolgere un incarico molto delicato: fare rapporto sulle strane mosse di Ernst Jünger, il grande scrittore, l’eroe della patria, l’amante della guerra, che però ha col regime di Hitler un infido rapporto. E sempre a lui toccherà investigare sulla misteriosa morte, avvenuta in Bretagna, della moglie di un commodoro della Marina del Terzo Reich.

Martin Bora, il nobile soldato della Wehrmacht, sente sempre una grande nostalgia quando è costretto a rivedere, nel fuoco della guerra e nel piombo dell’occupazione, i luoghi dove visse la sua dorata gioventù. Siamo a Parigi, nell’autunno del 1940; Bora era stato inviato nella ex Ville Lumière invasa dagli «amabili conquistatori», per un incarico adatto a un uomo colto come lui: controllare le mosse di Ernst Jünger, il grande scrittore, l’eroe della patria, l’amante della guerra, che però ha col regime di Hitler un infido rapporto. Ma presto, non senza sollievo, lascia la città per una nuova missione. È stata uccisa la moglie bretone, e ricchissima, di un commodoro della Marina del Terzo Reich, per giunta amico del capo supremo dei servizi Canaris, nonché uomo vizioso e dalle molte amanti. In casi come questi le alte sfere si rivolgono a Bora per il suo acume di investigatore, nonostante la sua mente sia troppo libera. In Finistère, Martin rincontra Jünger, che sembra votato a incomprensibili fini, e avvia il suo lavoro affondando lo scandaglio dell’inchiesta nei tanti piccoli fuochi accesi dall’indipendentismo bretone: fatto di tradizionalismo celtico, strani riti, croci calvario e «case maledette». Ma è la pista giusta? A cosa mira il grande Jünger? E chi è veramente quello strano bretone, quel prete spretato capace di riaccendere ad uno ad uno tutti i fantasmi da cui il rigido ufficiale sassone è inseguito? Un paio di altri omicidi indirizzeranno Martin Bora verso la soluzione rivelatrice. Ricchissimo di personaggi e di intrecci, disegnati con minuziosa ambientazione storica, questo romanzo prosegue il disegno letterario dell’autrice Ben Pastor: esplorare, nella luce bruno violacea del giallo d’azione bellica, i meandri della psicologia di un giovane ufficiale tedesco di alta tensione etica, stretto dal desiderio impossibile di conciliare il giuramento d’onore con la decenza del vivere dentro un regime feroce oltre ogni umanità.

 

Titolo: I piccoli fuochi
Autore: Ben Pastor
Editore: Sellerio
N° pagine: 552
Genere: romanzo
Costo cartaceo: 15,00
Costo ebook: 9,99
EAN: 9788838935732
Titolo originale: The Little Fires

 

Luna bugiarda

di Ben Pastor

Martin von Bora, il detective-soldato della Wehrmacht che l’autrice ha ricavato liberamente dalla figura di von Stauffenberg, è di ritorno dall’inferno di Stalingrado da dove è riuscito a salvare il manipolo dei suoi soldati. Lo ritroviamo, in questo romanzo, promosso maggiore e stanziato, sul finire del 1943, in un paese presso Verona. Vi svolge operazioni contro i partigiani, mentre incombe l’occhio delle SS che lo considerano politicamente poco affidabile. Un attentato dei patrioti lo ha privato della mano sinistra, ma le ferite della guerra lo dilaniano nello spirito molto più che nel corpo.

A Lago, la località dov’è di stanza, il colonnello Habermehl gli chiede di indagare su un caso; è per un favore ai miliziani di Salò, che sperano di trovare nel tedesco un interlocutore più malleabile della polizia di Stato. Perché il morto è una specie di monumento del fascio. Vittorio Lisi, un eroe mutilato, vicino a Mussolini, ricchissimo e dal prestigio carismatico. È caduto, investito da un’automobile sul viale della sua villa. Si sospetta della moglie Claretta, una sorta di fotocopia delle dive dei telefoni bianchi. Ma non mancano altre piste: mariti gelosi, strani giri di danaro, ragazze compromesse, invidie politiche.

Sull’omicidio indaga anche l’ispettore Guidi della polizia. Il funzionario, costretto a collaborare con Bora, non stravede per l’ufficiale della Wehrmacht. È un «afascista», stanco di retorica e violenza, e vede nell’aristocratico ufficiale niente più che un «crucco» nazista e antisemita. Ma li avvicina sottilmente l’infelicità esistenziale e all’italiano pare di intravedere di quando in quando la qualità umana sotto la rigida scorza di distacco, talvolta spietato, del tedesco.

I due seguono sul delitto piste divergenti. E non è soltanto diverso l’obiettivo prescelto, eterogeneo è proprio lo stile d’indagine: Bora è sistematico e logico segugio di indizi, Guidi invece è più intuitivo e attento a un’ipotesi generale. Nel frattempo, intorno a loro, piovono altri cadaveri e non si capisce bene quanti spettino alla guerra e quanti a carico dell’assassino.

Chi già conosce il barone von Bora, animo dolente su cui sembra incombere il fato, lo troverà più amaro dei romanzi precedenti. La ferocia della guerra e le vicende personali tendono allo spasimo le sue corde. Ma soprattutto macera in lui la tragedia di chi era troppo nobile sia per disubbidire al giuramento del soldato sia per ubbidire al demoniaco tiranno. E non aveva che da dilaniare se stesso. Svelare un intricato omicidio diventa, per Martin Bora, un lenitivo del male di cui si avvertiva burattino.

Settembre 1943. Il maggiore della Wehrmacht Martin Bora si trova distaccato a Lago, nei pressi di Verona, dove rimane vittima di un attentato: si salva, ma subisce l’amputazione della mano. Si è appena ripreso dall’intervento quando viene incaricato di seguire le indagini su un omicidio: un importante gerarca fascista, Vittorio Lisi, è stato investito sul viale della sua villa. Si sospetta della moglie Claretta. Ma il maggiore Bora dubita che il movente del delitto sia solo un affare di famiglia, e guarda oltre.