di Emma Perodi
Tutte le campane di Poppi e della valle suonavano a festa in quella notte chiamando i fedeli alla messa di Natale, e pareva che a quell’invito rispondessero le campane di Soci, di Bibbiena, di Maggiona e di tutti i paesi e i castelli eretti sui monti brulli, che s’inalzavano fino all’Eremo di Camaldoli e al Picco della Verna, tanto era lo scampanìo che si udiva da ogni lato.
In una casa di Farneta, piccolo borgo sulla via di Camaldoli, la famiglia del contadino Marcucci era tutta riunita sotto l’ampia cappa del camino basso, che sporgeva fin quasi a metà della stanza. Il camino, nel quale crepitava un bel ceppo di faggio, era grande davvero, altrimenti non avrebbe potuto contener tanta gente, perché i Marcucci erano un subisso!
Il vecchio capoccia era morto, la moglie gli sopravviveva, e intorno a lei erano aggruppati i cinque figliuoli maschi, i quali avevano tutti moglie, meno l’ultimo, Cecco, che era tornato da poco dal reggimento, e aveva sempre addosso la tunica d’artiglieria. I quattro fratelli maggiori si ritrovavano di già la bella caterva di quindici figliuoli, fra grandi e piccini, così che fra la vecchia Regina, le nuore, i figliuoli e quei quindici nipoti, facevano venticinque persone. È vero che il podere era grande, ma se i ragazzi maggiori non si fossero ingegnati ad accompagnare col trapelo le carrozze che andavano a Camaldoli, facendo in su e in giù l’erta via tre o quattro volte il giorno, la famiglia Marcucci non avrebbe attecchito il desinare con la cena.