Dal trentuno dicembre al primo gennaio, non c’è che quel tempo inafferrabile, d’una brevità infinitesimale, che corre tra l’ultimo minuto secondo della dodicesima ora, al primo minuto secondo della prima; – il passaggio identico di ciascun giorno dell’anno al suo domani; un attimo, una pulsazione, nulla.
Eppure tutti consideriamo la fine dell’anno come un punto fermo, come la chiusura d’un periodo. Pare che tutte le cose intraprese debbano essere compiute a quell’epoca, e che pel primo dell’anno venturo s’abbia da ricominciare tutto daccapo.
La Chiesa inaugura il nuovo anno col Veni creator; i commercianti chiudono i conti, ed i privati (pur troppo!) ci mettono il saldo; si rinnovano i libri mastri; si licenziano o si confermano gl’impiegati; chiunque ha l’incarico d’una gestione qualsiasi presenta il resoconto.
I giornali perdono dei collaboratori e ne acquistano di nuovi; e proclamano che i nuovi sono genî e quelli perduti non valevano nulla, senza tener conto dei pomposi elogi con cui li avevano annunciati l’anno precedente; ed aprono nuove rubriche e nuovi abbonamenti fanno nuovi programmi e nuove promesse.
Si è arrivati a quella stazione di fermata: che si chiama il capo d’anno. Si riparte per un nuovo viaggio dove tutto è ignoto; ci si avvia alle speranze; ciascuno dice sospirando «chissà!» come se da quell’ieri a quell’indomani il mondo fosse interamente mutato, e le probabilità di bene o di male preparate nell’anno precedente non contassero più; come se le conseguenze del 1880 non avessero più nessun rapporto colle premesse del 1879; come se quell’atomo di tempo che sfugge ad ogni calcolo, dovesse spezzare tutti i vincoli tra le cause e gli effetti.
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Autrice: Marchesa Colombi
Le riscoperte n°6
Data di pubblicazione: 14 dicembre 2021